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<< Mario Calderara >>

07/06/2005

Nel settembre 1909 l'Aeroclub d'Italia aveva organizzato un circuito aereo a Brescia (simile a quello che aveva avuto luogo a Reims, in Francia, nel mese di luglio). Calderara fu autorizzato a partecipare alle gare, che sarebbero state presenziate personalmente da Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III.

Tre settimane prima dell'apertura del circuito, un violento uragano distrusse gli hangar di legno e tela costruiti sull'aeroporto di Brescia per i partecipanti, ed il Flyer Wright che era stato ricostruito a Roma fu danneggiato in modo irrimediabile. I due ufficiali (Calderara e Savoja) riuscirono a ricostruire il biplano in 9 giorni, in tempo per l' inizio della gara, utilizzando del legno e della tela di seconda qualità.

Dopo aver montato sull'apparecchio un nuovo motore italiano, il "Rebus", Mario Calderara partecipò a tutte le competizioni e vinse cinque degli otto premi in gara. Gli altri piloti italiani non riuscirono ad alzarsi da terra, ad eccezione di Anzani, il cui aereo francese venne semi-distrutto in un incidente di volo.

I piloti che volarono con successo furono l'americano Glenn Curtiss e il francese Henry Rougier. Il circuito di Brescia fu un trionfo per Calderara, che da un giorno all'altro divenne un eroe nazionale, essendo l'unico italiano che sapeva volare. L'Aeroclub d'Italia gli conferì il brevetto di pilota n.1.

Il poeta Gabriele d'Annunzio si interessava anche di volo d'aereoplano ed era venuto a Brescia con la speranza di compiere un volo come passeggero. Egli riuscì a staccarsi da terra con Glenn Curtiss con un volo abortito di pochi secondi che lo lasciò molto deluso. Chiese quindi a Calderara, che conosceva dai tempi di Centocelle, di portarlo in volo. Quest'ultimo accettò e fece compiere a d'Annunzio un lungo volo (oltre dieci minuti) intorno all'aeroporto.

Il poeta, entusiasta, lodò enfaticamente la perizia di Calderara. In quel periodo d'Annunzio stava scrivendo un romanzo sul volo dell'uomo, che rinnovava il mito di Dedalo e Icaro. Egli diede all'eroe del suo libro, Paolo Tarsis, un temperamento simile a quello di Mario Calderara, visto come un pilota dal carattere forte dotato di rapidi riflessi.

La notorietà di Calderara lo espose a molte interviste con dei giornalisti, e la sua disponibilità a spiegare la sua tecnica di volo non fu apprezzata dal suo diretto superiore, il maggiore Moris, che riteneva poco dignitoso tale comportamento da parte di un ufficiale di carriera, (era solo il principio di una serie di divergenze fra i due ufficiali).

Nei mesi seguenti, Calderara fu sottoposto a degli esami per un corso ufficiali a Livorno (richiesto per la sua promozione a Tenente di Vascello) e fu promosso con voti bassi penalizzato dalla sua attività aviatoria, che non gli aveva permesso di prepararsi adeguatamente agli esami: ciò danneggiò notevolmente la sua carriera.

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